Onorevoli Colleghi! - Il processo di profondo rinnovamento delle autonomie locali, iniziato con la legge n. 142 del 1990 e proseguito con ulteriori disposizioni, confluite poi nel testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ha completamente ridisegnato l'architettura degli enti territoriali. Nel testo unico, tra le varie disposizioni, è confluito l'articolo 15-bis della legge n. 55 del 1990, il cui testo, riprodotto dall'articolo 143, disciplina lo scioglimento dei consigli degli enti locali per infiltrazioni e condizionamenti di tipo mafioso. La legge citata rappresenta uno dei momenti di maggiore attenzione dello Stato nella lotta alla delinquenza di tipo mafioso per le note ragioni storiche; pertanto i presìdi e le soluzioni introdotti hanno avuto e conservano una importanza essenziale, in quanto tali fenomeni rappresentano ancora una grave minaccia per lo Stato. Tuttavia, in alcuni casi, come quello della disciplina oggetto della presente proposta di legge, è opportuno, sulla base dell'esperienza maturata, intervenire per rivedere e per rendere maggiormente efficaci alcuni strumenti giuridici.
      L'articolo 143 del testo unico prevede lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali in caso di infiltrazione mafiosa. La norma presenta elementi piuttosto ampi per la identificazione dei presupposti per l'adozione del provvedimento, che sono costituiti dalla emersione di «elementi su collegamenti diretti o indiretti degli amministratori con la criminalità organizzata» o, in alternativa, da elementi su «forme di condizionamento degli amministratori

 

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stessi». Peraltro, allo stato attuale e nella sua applicazione la norma ha evidenziato una serie di problemi in quanto, da una parte, determina una sanzione collegiale che coinvolge tutto l'organo e, dall'altra, non consente di precisare con evidenza quali elementi possano portare a rinvenire i collegamenti diretti o indiretti, il che, se si considerano le modalità in cui opera la mafia ovvero il suo ampio radicamento nel contesto sociale, può creare situazioni di intervento molto ampio senza che vi sia un reale raggiungimento degli obiettivi della norma. La norma, infatti, ha una natura preventiva e non contempla un contraddittorio, prevedendo un accertamento unilaterale al di fuori di meccanismi collegati a garanzie, come accade nel procedimento penale. Per questo, rispetto al bene giuridico da tutelare (ovvero il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione), la sua applicazione è tanto importante, quando vi siano concreti elementi, quanto dannosa, quando, solo sulla base di elementi generici e riferiti a singole persone, priva la comunità degli organi elettivi e delle funzioni da essi svolte.
      Per questo vi sono state vicende che hanno visto lo scioglimento di consigli comunali e provinciali sulla base di non accertati ed evidenti collegamenti diretti con la criminalità organizzata.
      In alcuni casi lo strumento si è quindi rivelato eccessivo e, per alcuni versi, lesivo dei diritti individuali, in quanto la sua applicazione ha coinvolto anche persone assolutamente estranee ai fatti.
      La presente proposta di legge intende intervenire per riequilibrare lo strumento alla luce delle esperienze fatte e per renderlo più incisivo.
      L'intervento proposto tiene anche conto delle pronunce della Corte costituzionale, che nel passato ha dichiarato manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale relative all'articolo 15-bis della legge 19 marzo 1990, n. 55, precisando però che lo scioglimento di un'amministrazione è possibile solo in presenza di situazioni di fatto evidenti, e quindi necessariamente suffragate da obiettive risultanze che rendano attendibili le ipotesi di collusioni anche indirette degli organi elettivi con la criminalità organizzata, così da rendere pregiudizievole per legittimi interessi delle comunità locali il permanere di quegli uomini alla guida degli organi di amministrazione.
      La proposta di legge si compone di un unico articolo che riformula nel suo complesso l'articolo 143 del testo unico.
      In particolare, il comma 1 estende l'applicazione della norma ad altri soggetti, ovvero ai componenti degli organi elettivi dei consorzi, delle comunità montane e degli altri organismi associativi tra enti locali, nonché al presidente e ai consiglieri dei consigli circoscrizionali. Si precisano poi gli elementi che servono a verificare la sussistenza della fattispecie.
      Tali precisazioni sono accompagnate da una serie di disposizioni procedurali che si applicheranno caso per caso, vista anche la modifica dell'ambito di applicazione della norma.
      Nello specifico, il comma 3 prevede lo scioglimento dell'organo collegiale nel caso in cui venga rimossa la metà più uno dei componenti dell'organo.
      Il comma 6 specifica che la rimozione del sindaco, del presidente della provincia o dei presidenti degli organismi di cui al comma 1 determina lo scioglimento immediato delle rispettive giunte o organi esecutivi direttamente nominati dai soggetti rimossi. Conseguenza di suddetta rimozione è la nomina di una commissione straordinaria, ai sensi dell'articolo 144, per la gestione dell'ente con funzioni - a seconda dei casi - dell'organo collegiale o dell'organo monocratico e delle rispettive giunte (comma 7). La commissione straordinaria esercita le attribuzioni del sindaco, degli organi collegiali e degli altri organismi di cui al comma 1, qualora le misure previste dall'articolo in oggetto siano disposte contemporaneamente nei confronti di tutti gli organi elettivi dell'ente (comma 8).
      Il comma 9 introduce una sanzione anche per i dirigenti preposti ai servizi o agli uffici dell'amministrazione, consistente nella rimozione dall'incarico dirigenziale.
 

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Tale ipotesi si configura per i fatti previsti dalla disposizione anche a prescindere dal coinvolgimento degli organi elettivi. Il comma 10 regola le diverse ipotesi che variano a seconda del soggetto rimosso.
      Per quanto riguarda il procedimento di scioglimento o di rimozione, il comma 11 prevede che questo sia avviato dal prefetto, cui compete l'elaborazione di una relazione che tiene conto degli elementi eventualmente acquisiti con i poteri delegati dal Ministro dell'interno e la richiesta di informazioni preventive al procuratore della Repubblica competente. Il prefetto, inoltre, in deroga all'articolo 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, senza esplicare le ragioni e il tipo di procedimento avviato, è tenuto a chiedere chiarimenti ai soggetti interessati in relazione ai singoli fatti, atti e circostanze presi in considerazione e a redigere una successiva relazione esplicativa.
 

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